In luoghi piccoli, affollati e poco arieggiati il rischio di Covid-19 si moltiplica, anche se si indossano le mascherine. “Anche con una mascherina, infatti, le goccioline infettive possono essere trasmesse per diversi metri e rimanere nell’aria più a lungo di quanto non si pensi. Lo abbiamo dimostrato nel nostro studio: a giocare un ruolo sono le dimensioni delle goccioline che contengono particelle virali, ma anche la presenza di ventilazione”. Queste le parole di Alfredo Soldati, ricercatore italiano della TU Wien, fra gli autori dello studio sull’International Journal of Multiphase Flow che ‘fotografa’ il comportamento delle goccioline in un’intervista rilasciata all’Adnkronos Salute.
Una particella con un diametro di 10 micrometri (la dimensione media delle goccioline di saliva emesse), ad esempio, impiega quasi 15 minuti a cadere a terra, spiega il ricercatore. “Il fatto è che anche quando la gocciolina d’acqua è evaporata, rimane una particella che può contenere il virus, ma anche parti di muco. Il residuo non evapora del tutto ma rimane nell’aria per un certo tempo, che può essere anche lungo”, spiega Soldati. Quindi è possibile entrare in contatto con il virus anche quando si osservano le regole di distanziamento, ad esempio in un ascensore che è stato utilizzato da persone infette poco prima.
Particolarmente problematici sono gli ambienti con elevata umidità relativa, come le sale riunioni scarsamente ventilate. “Le goccioline più piccole si depositano in un quarto d’ora se l’aria è ferma. Ma poi possono risollevarsi. Ecco che dunque si comprende come sia difficile intervenire ad esempio negli autobus”.
I modelli di studio sulla propagazione dei c.d. droplets, universalmente accettati, si basano su misurazioni degli anni ’30 e ’40 del secolo scorso. A quel tempo, i metodi di rilevazione non erano al livello degli attuali, e si sospetta che non fosse possibile misurare in modo affidabile le goccioline particolarmente piccole.
Si pone in discussione anche l’assunto inerente il comportamento delle goccioline di areosol in funzione delle loro dimensioni, che vede uno schema di comportamento differenziato fra le grandi, spinte dalla gravità verso il basso, e le piccole, che avanzano in avanti, quasi in linea retta, evaporando velocemente.
Come sottolineato da Soldati, si tratta di una immagine molto semplificata. Per questo motivo i ricercatori vogliono adattare i modelli alle ultime ricerche, con l’obiettivo di capire meglio la diffusione del coronavirus.
Soldati ha infine ribadito che “le mascherine sono utili perché bloccano le goccioline di grandi dimensioni. E va bene anche mantenere una distanza. Ma i nostri risultati mostrano che nessuna di queste misure può fornire una protezione garantita”, sottolineando l’importanza che fisici e ingegneri diano un contributo per colmare il gap sulla conoscenza della diffusione di questo virus.
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