Un’intensa attività normativa ha interessato il comparto sin dai primi mesi del corrente anno. Con l’entrata in vigore del DPR 19 gennaio 2015, n. 8 (Gazzetta Ufficiale 21 febbraio 2015, n. 43) e del successivo Decreto Dirigenziale Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti Prot. 101 del 09 marzo 2015 (Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2015 n. 61.) il legislatore ha arginato l’aggravamento della procedura d’infrazione accesa dalla commissione UE per il non corretto recepimento della direttiva ascensori 95/16/CE.
Quasi contemporaneamente il Ministero dello Sviluppo Economico, con il Decreto Ministeriale 19 marzo 2015 (Gazzetta Ufficiale 9 aprile 2015 n. 82), ha definitivamente normato le installazioni in deroga inerenti i casi in cui sia necessario ricorrere ad impianti con fossa e/o testata ridotta, semplificandone le prassi e chiarendo una volta per tutte i rari casi in cui possa essere applicabile la pratica in stabili di nuova edificazione.
In occasione del restyling normativo è stata inoltre introdotta la figura degli organismi notificati di tipo A, abilitati alle verifiche periodiche degli impianti, ma non alle valutazioni di conformità od al rilascio di pareri preventivi per installazioni in deroga. In quest’articolo analizzeremo brevemente le novità introdotte, in attesa di nuove variazioni che già si profilano all’orizzonte.
All’origine della procedura d’infrazione 2011/4064, aperta dalla Commissione Europea in data 24 novembre 2011 ai sensi dell’articolo 258 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), è il non corretto recepimento della Direttiva 95/16/CE operato con la pubblicazione del DPR 162/99 che, all’articolo 11 del capo II, coscrive le disposizioni del medesimo capo ai soli ascensori in servizio privato, ed il correlato disposto di cui al Decreto 11 gennaio 2010 Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti (Norme relative all’esercizio degli ascensori in servizio pubblico destinati al trasporto di persone). La contestazione, originata dall’assenza di analoghi riferimenti differenziati nell’ambito della Direttiva, consta nella disomogenea applicazione del disposto comunitario e sulle limitazioni conseguentemente introdotte in contrasto con gli impegni comunitari.
Con l’emanazione del DPR 19 gennaio 2015, n. 8 (Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162 per chiudere la procedura di infrazione 2011/4064 ai fini della corretta applicazione della direttiva 95/16/CE relativa agli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi nonché della relativa licenza di esercizio) viene pertanto adottato un nuovo schema di regolamento, atto a consentire la chiusura della summenzionata procedura d’infrazione, attraverso le modifiche operate all’impianto normativo preesistente. Il provvedimento, elimina dal testo del DPR 162/99 ogni riferimento differenziante agli ascensori in servizio pubblico e privato, ad oggi congiuntamente ricompresi nella medesima generica categoria. Coerentemente con le modifiche legislative apportate il Ministero delle infrastrutture e dei Trasporti ha provveduto quindi all’emanazione Decreto Dirigenziale Prot. 101 del 09 marzo 2015, con l’abrogazione dell’analogo Decreto MIT del 11 gennaio 2010 e la soppressione del previsto nullaosta preventivo all’installazione da parte dell’Ufficio speciale trasporti a impianti fissi (Ustif) territorialmente competente.
Le preesistenti differenziazioni, seppur con qualche variazione, vengono quindi reintrodotte solo “successivamente all’installazione” e “prima della messa in esercizio” con le modalità di cui all’articolo 2 del summenzionato Decreto direttoriale. Invariata la competenza dell’Ustif all’esecuzione delle verifiche e prove periodiche sugli ascensori in servizio pubblico con frequenze e modalità differenti da quanto previsto nell’articolo 13 del Dpr 162/99 per tutti gli altri ascensori.
Con la modifica dell’articolo 13 del Dpr 162/99 compare nel comma 1 lettera e) la figura degli Organismi Notificati di “Tipo A” accreditati, per le verifiche periodiche sugli ascensori, ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17020:2012 e s.m.i., dall’unico Organismo nazionale autorizzato a svolgere attività di accreditamento ai sensi del regolamento CE n. 765/2008. Tali Organismi potranno quindi, d’ora in poi, essere incaricati dal proprietario dell’impianto per l’esecuzione delle verifiche periodiche, ma non potranno assolvere alla certificazione di conformità dei nuovi impianti ne tanto meno al rilascio della certificazione inerente l’accordo preventivo all’installazione in deroga su edifici preesistenti di cui al nuovo articolo 17-bis del Dpr 162/99, attività che restano coscritte ai soli Organismi Notificati secondo la direttiva 95/16/CE Lifts.
Con l’introduzione dell’articolo 17-bis viene quindi semplificata la concessione dell’accordo preventivo in deroga, già prevista nell’allegato I della Direttiva 95/16/CE come richiamata dall’allegato I al punto 2.2 del Dpr 162/99, che consente di ricorrere a mezzi alternativi appropriati per evitare il rischio di schiacciamento ad operatori e manutentori nei casi eccezionali in cui nell’installazione non è possibile realizzare i prescritti spazi liberi o volumi di rifugio.
L’accordo preventivo in deroga è quindi oggi ottenibile, in edifici esistenti, mediante comunicazione al Ministero dello sviluppo economico corredata da specifica certificazione, rilasciata da un organismo accreditato ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 luglio 2008, e notificato ai sensi dell’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, in merito all’esistenza delle circostanze che rendono indispensabile il ricorso alla deroga, nonché in merito all’idoneità delle soluzioni alternative utilizzate per evitare il rischio di schiacciamento;
Gli organismi dovranno poi trasmettere semestralmente al Ministero dello sviluppo economico l’elenco delle certificazioni rilasciate ai sensi del comma 1, lettera a), corredato di sintetici elementi di informazione sulle caratteristiche degli impianti cui si riferiscono, sulle motivazioni della deroga e sulle soluzioni alternative adottate.
Quando lo stesso e’ necessario per edifici di nuova costruzione, ferma restando la limitazione ai casi di impossibilita’ coscritta esclusivamente a motivi di carattere geologico, ambito che rende probabilmente assai raro il rilascio del nulla osta, il preventivo accordo è rilasciato esclusivamente dal Ministero dello sviluppo economico, in questo caso, secondo il disposto normativo, entro il termine (120 gg.) previsto dalla specifica voce dell’allegato al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 dicembre 2010, n. 272.
La documentazione da presentare al’organismo notificato, ai fini della certificazione di cui all’articolo 17-bis, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, introdotto dal comma 1, ovvero al Ministero dello sviluppo economico, ai fini della deroga di cui all’articolo 17-bis, comma 1, lettera b), del citato decreto, e’ quella stabilita con decreto del Ministro dello sviluppo economico 19 marzo 2015 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 9 aprile 2015 n. 82.
Possibile infine, come formalmente indicato nell’articolo 2 del summenzionato provvedimento ministeriale, l’integrazione della documentazione per le istanze di accordo preventivo ai sensi del punto 2.2 dell’allegato I al medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 162 del 1999 e s.m.i., presentate anteriormente all’entrata del decreto del Presidente della Repubblica n. 8 del 2015, che possono fruire della semplificazione ivi prevista mediante integrazione dell’istanza con la certificazione di cui all’articolo 1, comma 1, del decreto. In assenza di tale integrazione il relativo procedimento sarà in ogni concluso con provvedimento espresso dal Ministero dello sviluppo economico sulla base delle disposizioni precedentemente in vigore.
Nuove modifiche si prospettano infine all’orizzonte per il recepimento della Direttiva 2014/33/UE, che sostituirà abrogandola la Direttiva 95/16/CE dal 20 aprile 2016, fatti salvi gli obblighi degli Stati membri relativi ai termini di recepimento nel diritto interno e di applicazione della direttiva indicati nell’allegato XIII, parte B.
Con l’emanazione del Decreto del Presidente della Repubblica 19 gennaio 2015, n. 8 (Regolamento recante modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162 per chiudere la procedura di infrazione 2011/4064 ai fini della corretta applicazione della direttiva 95/16/CE relativa agli ascensori e di semplificazione dei procedimenti per la concessione del nulla osta per ascensori e montacarichi nonché della relativa licenza di esercizio) fra le modifica apportate all’articolo 13 del DPR 162/99 compare – nel comma 1 lettera e) – la figura degli Organismi d’ispezione di “Tipo A” accreditati, per le verifiche periodiche sugli ascensori, ai sensi della norma UNI CEI EN ISO/IEC 17020:2012 e s.m.i., da Accredia unico Organismo nazionale autorizzato a svolgere attività di accreditamento ai sensi del regolamento CE n. 765/2008.
Tali Organismi potranno quindi, d’ora in poi, essere incaricati dal proprietario dell’impianto per l’esecuzione delle verifiche periodiche, ma non potranno assolvere alla certificazione di conformità dei nuovi impianti ne tanto meno al rilascio della certificazione inerente l’accordo preventivo all’installazione in deroga su edifici preesistenti di cui al nuovo articolo 17-bis del Dpr 162/99, attività che restano coscritte ai soli Organismi Notificati secondo la direttiva 95/16/CE Lifts.
La novità legislativa, come sottolinea Anacam, non sembra andare incontro alle richieste del settore inerenti la necessità di una maggiore qualificazione degli Organismi e dei loro ispettori, ma solo in futuro potrà essere oggettivamente valutato se e quanto questi timori siano fondati.
Per approfondimenti sulle ulteriori variazioni che hanno interessato il comparto con l’entrata in vigore del decreto presidenziale 8/2015 e dei correlati DM MIT e MiSE, la invitiamo a prendere visione dell’articolo “I cambiamenti apportati al 162/99“
da Il Sole 24 Ore | l’Esperto Risponde | lunedì 1 giugno 2015
Secondo l’articolo 1138 del Codice civile quando in un edificio il numero dei condòmini (indipendentemente dal numero delle unità immobiliari esistenti nello stabile) è superiore a dieci, dev’essere formato un regolamento atto a dettare le modalità di gestione circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun proprietario, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione. Ciascun condomino, inoltre, può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente, entrambi subordinati ad un quorum pari alla maggioranza degli intervenuti all’assemblea e almeno della metà del valore dell’edificio.
La giurisprudenza tuttavia riconosce un’ulteriore tipo di regolamento avente natura contrattuale. Questo può essere di origine esterna (vale a dire predisposto dal costruttore-venditore, allegato al primo atto di vendita e successivamente accettato anche da tutti gli altri acquirenti) o di origine interna (nel caso in cui sia stato approvato all’unanimità dai condòmini in un momento successivo alla venuta in essere del condominio, e sia stato poi accettato da tutti i futuri acquirenti).
Non sono parimenti necessarie né la trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari, né la sottoscrizione da parte dell’acquirente del regolamento stesso (Cassazione, 31 luglio 2009, n. 17886).
Tuttavia il regolamento predisposto dal costruttore non è considerato vincolante per coloro che abbiano acquistato le unità immobiliari prima della predisposizione dello stesso, ancorché nell’atto di acquisto sia posto a loro carico l’obbligo di rispettare il regolamento da redigere in futuro, mancando uno schema definito, suscettibile di essere compreso per comune volontà delle parti (Corte d’appello dell’Aquila, 17 gennaio 2012).
Tali disposizioni sono costitutive di un vincolo di natura reale assimilabile a una servitù reciproca (Cassazione, 18 gennaio 2011, n. 1064). Dal punto di vista strutturale, in questi casi ci si trova di fronte a un contratto plurilaterale con la specifica funzione di costituire una sorta di statuto della collettività condominiale (Cassazione, 17 aprile 2009, n. 9317).
Il regolamento contrattuale può anche prevedere un criterio “convenzionale” di riparto delle spese, derogando così ai criteri legali.
È legittima la delibera assembleare che, in base a un regolamento contrattuale, disponga che le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’impianto di riscaldamento o dell’ascensore siano a carico anche delle unità che non fruiscono del servizio (Cassazione, 23 dicembre, 2011, n. 28679).
Infatti, a norma dell’articolo 1123 del Codice civile, la disciplina legale di ripartizione delle spese per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell’edificio è, in linea di principio, derogabile.
Deve ritenersi, di conseguenza, legittima la convenzione modificatrice di tale disciplina che sia contenuta in questo tipo di regolamento (Cassazione, 28 giugno 2004 n. 11960). Fa eccezione la ripartizione della spesa del riscaldamento a seguito dell’adozione della contabilizzazione e termoregolazione a norma del Dlgs 102/2014 (articolo 9, comma 5). In questa situazione, la spesa dev’essere ripartita considerando i consumi effettivi, e trattandosi di una norma imperativa, sarà quindi nulla, ai sensi dell’articolo 1418 del Codice civile, una diversa pattuizione tra i condòmini.
Il requisito della forma scritta – che è essenziale per la validità dell’atto – deve reputarsi necessario anche per le eventuali variazioni, dovendosi, conseguentemente, escludere la possibilità di una modifica semplicemente per il tramite di comportamenti dei condòmini che per anni hanno violato le norme in esso contenute (Cassazione, 5 febbraio 2013, n. 2668).
Va, inoltre, precisato che le disposizioni dei regolamenti hanno natura contrattuale soltanto qualora si tratti di clausole limitatrici dei diritti dei condòmini sulle proprietà esclusive o comuni, oppure di clausole che attribuiscono ad alcuni condòmini maggiori diritti rispetto agli altri. Qualora, invece, si limitino a disciplinare l’uso dei beni comuni, hanno natura regolamentare. Ne consegue che, mentre le clausole di natura contrattuale possono essere modificate soltanto dall’unanimità dei condòmini e non da una deliberazione assembleare maggioritaria, avendo la modificazione la medesima natura contrattuale, le clausole di natura regolamentare sono modificabili anche da una deliberazione adottata a maggioranza (Cassazione, 15 giugno 2012, n. 9877).
In ogni caso il regolamento (sia assembleare sia contrattuale) non può derogare alle disposizioni degli articoli 1118, secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137 del Codice civile (aventi a oggetto, tra le altre cose, gli obblighi dell’amministratore, i quorum per le approvazioni, il funzionamento dell’assemblea), così come non può vietare di possedere o detenere animali domestici.
Elenco delle principali associazioni di categoria inerenti il settore e l’ambito residenziale. Eventuali anomalie, suggerimenti o refusi possono essere comunicati dagli interessati attraverso il modulo contatti
Grandissima bagarre e tanti sorpassi per vederla poi transitare sotto la bandiera a scacchi in quarta posizione. Grande la soddisfazione per la squadra corse team Crazy Old Men che dopo uno zero dovuto alla caduta nella gara di Misano ora sta tornando in lotta in classifica.
Lety5: “È stata una gara tutta in rimonta, nei primi passaggi purtroppo tra sorpassi, contatti e cadute varie ci siamo un po’ infastiditi tanto da lasciare che i primi due prendessero margine: il problema è stato poi ricucire questo gap dato che le gomme a metà gara hanno iniziato a cedere. Ero in lotta per il terzo posto, ma senza grip ho potuto fare ben poco, speriamo che per le prossime gare potremo riuscire ad avere un buon appoggio da Pirelli dato che sono ottime gomme, riuscendo così a lottare per il podio. Ringrazio come sempre la mia bellissima squadra Team Crazy Old Men per il bellissimo lavoro svolto, Nonno Racing, David, Massimo Neri, tutti i nostri Partners e tutti i nostri amici che seguono sempre con molto piacere le nostre gare. Ci vediamo per la Coppa Italia Domenica 24 Maggio sul circuito di Vallelunga”.
Fonte Anacam | Uni | Cen | Iso
L’attività di normazione consiste nell’elaborare, attraverso la partecipazione volontaria, la consensualità, e procedure di trasparenza documenti tecnici che, pur essendo di applicazione volontaria, forniscano riferimenti certi agli operatori e possano pertanto avere una chiara rilevanza contrattuale.
A volte l’argomento trattato dalle norme tecniche ha un impatto così determinante sulla sicurezza del lavoratore, del cittadino, o dell’ambiente che le Pubbliche Amministrazioni fanno riferimento ad esse richiamandole nei documenti legislativi e attribuendo ad essere un qualche livello di cogenza.
Nel settore degli impianti elevatori, la legislazione italiana impone alle imprese abilitate di operare nel rispetto della regola dell’arte, cioè, in concreto, rispettando le pertinenti norme tecniche elaborate dall’Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI).
A livello europeo, l’osservanza delle norme tecniche elaborate dall’ente di normazione europea, il CEN, conferisce presunzione di conformità ai requisiti essenziali di sicurezza fissati in numerose direttive europee, tra cui la direttiva 95/16/CE sugli ascensori.
La progressiva trasformazione dei mercati da nazionali, ad europei ed internazionali ha portato ad una parallela evoluzione della normativa tecnica da nazionale a sovranazionale, con importanti riconoscimenti anche dal WTO (World Trade Organization). Da qui la vasta partecipazione di Paesi alle attività dell’ISO e l’importanza che le sue norme, pur essendo di libero recepimento da parte degli organismi di normazione suoi membri, rivestono sui mercati mondiali. Ciò è sempre più vero anche per il settore degli ascensori, dove gli interessi delle imprese globali presenti sui diversi mercati mondiali spingono all’elaborazione di standard tecnici ISO validi ovunque.
ANACAM (Associazione Nazionale delle Imprese di Costruzione e Manutenzione Ascensori), alla quale ARME Ascensori è aderente, ha quindi ritenuto di importanza strategica presidiare le commissioni tecniche incaricate di elaborare le norme per gli ascensori a livello nazionale, europeo ed internazionale, attraverso una presenza attiva di propri rappresentanti o di rappresentanti della propria federazione europea, EFESME (Euopean Federation for Elevator Small and Medium-sized Enterprises).
UNI – Ente Nazionale Italiano di Unificazione – è un’associazione privata senza fine di lucro fondata nel 1921 e riconosciuta dallo Stato e dall’Unione Europea, che studia, elabora, approva e pubblica le norme tecniche volontarie – le cosiddette “norme UNI” – in tutti i settori industriali, commerciali e del terziario (tranne in quelli elettrico ed elettrotecnico).
I soci UNI sono imprese, professionisti, associazioni, enti pubblici, centri di ricerca e istituti scolastici.
UNI rappresenta l’Italia presso le organizzazioni di normazione europea (CEN, European Committee for Standardization) e mondiale (ISO, International Organization for standardization).
La Commissione Impianti di ascensori, montacarichi, scale mobili e apparecchi similari è l’organismo tecnico che, nell’ambito dell’UNI, è incaricato di elaborare le norme tecniche di settore e di interfacciarsi con la corrispondente commissione attiva al CEN, il TC10.
La Commissione è attualmente presieduta dall’Ing. Paolo Tattoli, primo tecnologo dell’INAIL ex-Ispesl, ed al suo interno sono costituiti numerosi gruppi di lavoro, fra cui i seguenti, in diversi dei quali il coordinamento è affidato ad associati Anacam.
Il CEN Comitato Europeo per la Normazione, composto da 31 membri nazionali tra cui UNI per l’Italia, sviluppa le norme tecniche europee contrassegnate dalla serie EN. E’ l’unico organismo europeo autorizzato – ai sensi della direttiva 98/34/CE – a programmare, elaborare e approvare le Norme Europee in tutte le aree dell’attività economica, con l’eccezione dell’elettrotecnica (CENELEC) e delle telecomunicazioni (ETSI).
Il CEN/TC10 Lifts, Escalators and Moving Walks ha la competenza, su mandato della Commissione europea, ad elaborare le norme tecniche il cui rispetto conferisce presunzione di conformità ai requisiti essenziali di sicurezza e salute della direttiva 95/16/CE (direttiva ascensori) e, relativamente ad alcuni prodotti, della direttiva 2006/42/CE (direttiva macchine). Dal 1998 il TC 10 ha approvato 22 norme tecniche nell’ambito delle direttive del cosiddetto “Nuovo Approccio”.
Al lavoro del TC 10 contribuiscono le attività svolte da alcuni gruppi di lavoro che trattano tematiche specifiche; ad oggi, sono costituiti i seguenti gruppi di lavoro:
Oltre al Presidente della Commissione Ascensori UNI, Paolo Tattoli, partecipano ai lavori del CEN TC 10 e di alcuni dei suoi gruppi di lavoro, tra gli altri, associati Anacam riconosciuti esperti Efesme | Normapme. Per approfondimenti sull’attività di Efesme è possibile consultare la Newsletter della Federazione.
ISO, International Organization for Standardization, è il principale organismo di elaborazione e diffusione di norme tecniche internazionali. L’organizzazione riunisce gli organismi nazionali di normazione di 159 paesi, uno per paese, con un Segretariato Centrale a Ginevra in Svizzera che coordina il sistema.
Il TC 178, Lifts, escalators and moving walks, è il comitato tecnico che, nell’ambito dell’ISO, è incaricato di elaborare le norme tecniche internazionali sugli ascensori, scale e tappeti mobili, ed è impegnato nei seguenti gruppi di lavoro:
Esperti Efesme, collegati ad Anacam, partecipano ai lavori dei gruppi di lavoro incaricati della stesura della norma relativa ai requisiti essenziali di sicurezza degli impianti e di quella relativa al consumo energetico degli ascensori.
L’importanza di un buon grado di conservazione delle funi in acciaio è di per se ampiamente noto anche fra i non addetti, e raramente i proprietari degli impianti trascurano la necessità di operarne la sostituzione quando segnalata dal proprio manutentore. Ben pochi tuttavia conoscono le caratteristiche di questo importante componente, le modalità di verifica, le condizioni che ne impongono la sostituzione e le norme tecniche dedicate. Facciamo chiarezza.
Una tipica fune metallica è costituita da numerosi fili singoli, formati e costruiti in modo da poter lavorare in stretta aderenza. Quando la fune si piega ognuno dei suoi numerosi fili singoli scivola a sistemarsi nella piega, compensando la differenza di lunghezza fra la piega esterna e quella interna. Più brusca è la piega, maggiore il movimento.
La costruzione della fune è caratterizzata da tre componenti fondamentali:
Alcune tipiche formazioni della fune in ambito ascensoristico sono, ad esempio, 6×19 FC (6 trefoli preformati in una costruzione costituita da 114 fili totali, ovvero 9+9+1 su ogni trefolo) od 8×19 FC (8 trefoli preformati in una costruzione costituita da 152 fili totali).
Le lettere FC indicano la natura dell’anima centrale, in questo caso tessile costituita da fibre naturali o sintetiche. La sigla IWRC indicherebbe diversamente l’utilizzo di un’anima centrale costituita da fune in acciaio. Il senso di avvolgimento della fune, nella nomenclatura prevista dalle norme tecniche, è riferito ai fili esterni rispetto ai trefoli, ed ai trefoli rispetto alla fune: “Z” stà ad indicare l’avvolgimento destro, “S” l’avvolgimento sinistro. Nel caso di funi a trefoli sono inoltre impiegate due lettere con caratteri di differente altezza. La prima lettera, più piccola, indica il senso di cordatura dei fili esterni nei trefoli, la seconda, di maggiori dimensioni, indica il senso di cordatura dei trefoli nella fune.
Realizzati in acciaio ad alto contenuto di carbonio i fili delle funi metalliche sono disponibili in vari “gradi” ad ognuno dei quali corrisponde una specifica resistenza della fune metallica. Secondo la secondo UNI EN 12385-5:2004, versione ufficiale in lingua italiana della norma europea EN 12385-5 (edizione ottobre 2002 + AC:2005), che specifica i materiali particolari, i requisiti di fabbricazione e di prova per le funi a trefoli per compiti di sospensione, compensazione e limitazione per ascensori a frizione e idraulici che si muovono lungo guide, “il grado definisce il valore di resistenza alla trazione dei fili interni ed esterni della cordatura“. Il “grado” definisce inoltre il carico minimo di rottura della fune, espresso in Newton, normalmente pari a 1570 N/mm² nelle normali funi a singola classe di resistenza.
Oltre alle usuali funi a singola classe di resistenza, dotate come detto di un carico minimo di rottura di 1570 N/mm², pari a circa 160 Kg/mm², esistono sul mercato funi a doppia classe di resistenza, anche dette a trazione duale od a resistenza differenziata. In queste funi, indicate con grado 1370/1770, i fili esterni dei trefoli esterni hanno un carico minimo di rottura pari a 1370 N/mm² ed i fili interni della fune un carico di rottura pari a 1770 N/mm².
In entrambe i casi le funi utilizzate negli ascensori sono calcolate con un coefficiente 12, ovvero il carico di rottura dovrà essere minimo 12 volte il carico totale dell’impianto gravante sulle funi stesse, o 16 volte per vecchi impianti ancora dotati di due sole funi.
La vita media di una fune può variare considerevolmente in funzione del carico a cui è sottoposta, delle condizioni di utilizzo e, chiaramente, delle sue caratteristiche, in un range temporale che và generalmente dai dieci ai trent’anni. Tuttavia stabilire con precisione se e quando una fune sia ormai obiettivamente da sostituire non è affatto semplice, ed in genere è affidata ad una valutazione empirica sul numero dei fili esterni rotti, sulla riduzione del diametro e sulla visiva corrosione.
Al riguardo esistono precise normative delle quali tener conto nella valutazione del grado di usura di una fune, attraverso l’esame del numero di fili rotti, per determinare la necessità di provvedere alla sua sostituzione. Il DPR 29 maggio 1963 n. 1497 nell’articolo 39 ( Ricambio delle funi o delle catene portanti) dispone che:
Un’ulteriore ausilio per la valutazione del grado d’usura delle funi arriva nel 1994 con il recepimento della UNI ISO 4344:1992, superata e parzialmente abrogata dalla UNI EN 12385-5:2004, che tuttavia richiama la stessa per il numero ammissibile di fili rotti. Nella tabella a lato, tratta dalla norma suindicata, le indicazioni per la sostituzione delle funi in funzione del numero di fili rotti per due tipologie di funi. Due ulteriori importanti fattori da tenere in considerazione sono, come anticipato, inerenti l’usura che comporta la riduzione del diametro dei fili e la corrosione. In entrambe i casi, fili il cui diametro è ridotto oltre un certo limite o particolarmente corrosi, devono essere considerati al pari di fili rotti nella valutazione.
In ogni caso la fune deve essere rimossa dal servizio e sostituita quando:
Di seguito vengono riportati alcuni dei più comuni segni di decadimento tratti dalla suindicata norma UNI ISO 4344:1992
Sebbene in molti dei casi suesposti il degrado della fune non lasci dubbi circa la necessità di una quanto più sollecita sostituzione, nella realtà dei fatti è piuttosto raro che un impianto regolarmente manutenuto presenti simili condizioni. Determinare con oggettività quando la fune sia ormai prossima alla conclusione del suo ciclo vitale può quindi, come anticipato, risultare estremamente arduo, soprattutto nei casi in cui il deterioramento sia maggiormente concentrato nell’area interna con un contenuto numero di fili esterni visibili.
Le moderne tecnologie tuttavia consentono oggi esami non distruttivi della fune, con una significativa valenza predittiva. In particolare fra questi l’analisi magneto-induttiva, mutuata dal settore funiviario, attualmente sempre più diffusa nell’ambito del sollevamento dei carichi e degli ascensori. L’innovativo screening è caratterizzato dall’utilizzo di una testa di misura appositamente ingegnerizzata per il controllo di apparecchiature multifune in abbinamento ad uno specifico software d’interpretazione del segnale.
Gli strumenti attualmente disponibili sul mercato sono in grado di fornire due diversi specifici segnali rispettivamente denominati “Localized Fault” (LF) e “Loss of Metallic Area” (LMA). Il primo, che fornisce un’indicazione qualitativa dello stato della fune e dipendente dalla profondità del difetto, è utile a determinare quantità e rilevanza del numero di fili rotti, mentre il secondo, in grado di quantificare in modo proporzionale la perdita dell’area equivalente associata al danno, offre una rilevazione dei difetti non localizzati dovuti, ad esempio, alla corrosione. La valenza di queste valutazioni oggettive se paragonate ai consueti metodi di esame, basate sull’osservazione visiva e sul conteggio dei fili rotti “esterni” con l’ausilio di una tavoletta in legno a contrasto delle funi durante il movimento dell’impianto, di per se intuibile, è stata confermata da un’ampio studio condotto dal Politecnico di Torino su un vasto campione d’esame che ha confermato la validità predittiva del metodo e nel contempo fornito un’inattesa visione d’insieme.
Lo studio, condotto su circa 400 funi d’impianti differenziati per anno d’installazione, numero e tipologia di fune, numero di piani serviti ed ambito d’impiego ha evidenziato infatti situazioni molto particolari, fra le quali anche l’assenza di difetti su impianti con datazione superiore ai venti anni, un risultato che dimostra l’infondatezza delle consuete correlazioni dello stato della fune alla sua età, od in alcuni impianti, anche recenti, una sola fune con numero di difetti nettamente superiore alle altre, esito che attesta come talvolta alcune funi nello stesso insieme siano soggette a maggiore stress ed usura.
Di seguito alcuni tracciati degli esami condotti con l’individuazione di segnali “LF” (Filo rotto) ed LMA (difetti da corrosione), la testa di misura e la verifica di un impianto ad azionamento oleodinamico
La circolare n.17/E/2015 fornisce chiarimenti al riguardo della detraibilità di spese sanitarie, spese di istruzione, spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio e bonus mobili, ed altre questioni
Per quanto concerne il recupero del patrimonio edilizio il documento fornisce riscontro a quesiti inerenti i seguenti argomenti: Ordinante del bonifico diverso dal beneficiario, Limite di spesa e autonomia degli interventi edilizi, Trasferimento mortis causa e rate residue della detrazione.
Sulle vigenti detrazioni in merito ad interventi di recupero del patrimonio edilizio e riqualificazione energetica interviene il neoinsediato Ministro Delrio auspicandone la conferma e l’ampliamento nella prossima legge di Stabilità, sottolineandone il positivo impatto sul settore dell’edilizia, in termini di investimento e occupazione, dimostratosi di gran lunga superiore a quello della legge obiettivo.
Con la circolare 14/E del 27 marzo 2015 l’agenzia delle Entrate fornisce le attese interpretazioni sull’ambito di applicazione inerente le modifiche introdotte dall’articolo 1, commi 629 e 631, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (Legge di stabilità 2015), che integrando l’articolo 17 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, ha disposto l’estensione del meccanismo di assolvimento dell’IVA mediante inversione contabile (c.d. reverse charge) a nuove fattispecie nell’ambito del settore edile ed energetico.
La circolare è suddivisa in tre macro argomenti (settore edile, energetico e dei pallets recuperati ai cicli di utilizzo successivi al primo), ciascuno dei quali esamina l’ambito applicativo delle novità normative introdotte nella relativa area.
Circa l’applicabilità del principio d’inversione contabile per le “prestazioni di servizi di installazione di impianti” con riferimento alla classificazione delle attività economiche ATECO 2007, al punto 1.4, pagina 12, della circolare esplicativa l’agenzia conferma quindi il settore della riparazione e manutenzione di ascensori in quanto ricompreso nella voce ATECO 43.29.01 (“Installazione, riparazione e manutenzione di ascensori e scale mobili”).
Sono tuttavia escluse sanzioni al riguardo di eventuali prestazioni fatturate in difformità di tale interpretazione, per le motivazioni ivi addotte, con la clausola di salvaguardia di cui al punto 7, di seguito integralmente riprodotta.
“Da ultimo, si fa presente che, in considerazione della circostanza che la disciplina recata dagli articoli 17, sesto comma, lettere a-ter), d-bis), d-ter) e d-quater), e 74, settimo comma, del DPR n. 633 del 1972, produce effetti già in relazione alle fatture emesse a partire dal 1° gennaio 2015, e che, in assenza di chiarimenti, la stessa poteva presentare profili di incertezza, nonché in ossequio ai principi dello Statuto del contribuente, sono fatti salvi, con conseguente mancata applicazione di sanzioni, eventuali comportamenti difformi adottati dai contribuenti, anteriormente all’emanazione del presente documento di prassi.”
Lo Staff
facendo seguito alla nostra precedente comunicazione dal titolo “La nuova Certificazione Unica – Adempimenti, modalità e sanzioni” segnaliamo l’avvenuta pubblicazione da parte dell’ufficio stampa dell’Agenzia delle Entrate di un comunicato inerente la CU 2015 (Certificazione unica 2015, modello e specifiche pubblicate nei tempi – Niente sanzioni per gli invii tardivi delle CU senza dati per la precompilata).
Nella comunicazione, disponibile nell’area comunicati presso il portale dell’agenzia e qui acclusa, le entrate chiariscono che ” .. Sempre per il primo anno, fermo restando che tutte le certificazioni uniche che contengono dati da utilizzare per la dichiarazione precompilata devono essere inviate entro il 9 marzo 2015, quelle contenenti esclusivamente redditi non dichiarabili mediante il modello 730 (come i redditi di lavoro autonomo non occasionale) possono essere inviate anche dopo questa data, senza applicazione di sanzioni.“
Alla luce di quanto emerso pertanto l’eventuale tardivo invio telematico delle Certificazioni Uniche relative alle ritenute operate sui corrispettivi corrisposti nell’anno 2014 in relazione al disposto dell’art. 25-ter del DPR 29 settembre 1973 n. 600 non comporterà l’applicazione delle previste sanzioni pecuniarie.
Lo Staff
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